Frankenstein di Mary Shelley

Mary Wollstonecraft Godwin (futura Mary Shelley) era ossessionata dal rapporto nascita-morte; pochi giorni dopo dal parto, sua mamma, Mary Wollstonecraft morì di setticemia. La primogenita di Mary Shelley, nacque prematura e morì due settimane dopo.

Colei che l’ha generata generandola morì, colei che Mary generò morì.

Queste riflessioni devono aver preso vita nella mente di Mary quando scrisse il famoso romanzo gotico di Frankenstein o il moderno Prometeo, in quelle notti di giugno 1816 a Ginevra.

I sogni della magia e la verità della scienza sono sempre intimamente legati.

“La virtù celeste, vitale, è infatti attratta nel corpo pronto a riceverla: essa è come una fiamma sopita, che deve trovare lo zolfo per poter bruciare, e i corpi viventi diventano così fiamme che bruciano.“

De occulta philosophia – Agrippa

“Scriveremo ciascuno una storia di fantasmi” disse Lord Byron e la proposta venne accettata. Parlando si fece notte.. la mia immaginazione libera dai vincoli, si impossessò di me e mi guidò, dotando la sequenza di immagini che mi sorgevano nella mente con una vividezza che eccedeva di molto i limiti normali del sogno a occhi aperti. Vidi – con occhi chiusi, ma con un’acuta visione mentale – il pallido studente di arti empie inginocchiato vicino alla cosa che aveva assemblato. Vidi l’orribile fantasma di un uomo disteso e poi, con l’aiuto di qualche potente motore, dare segni di vita e muoversi in modo esitante, vivo per metà.

Non riuscivo a liberarmi tanto facilmente del mio orrendo fantasma: continuava a turbarmi. Oh, se solo avessi potuto inventare una storia di fantasmi tale da spaventare il mio lettore come m’ero spaventata io. L’ho trovata! Quel che ha terrificato me terrificherà anche gli altri. Il giorno dopo annunciai che avevo pensato a una storia. La cominciai quel giorno con le parole:

Fu in una cupa notte di novembre, limitandomi a trascrivere i lugubri terrori del mio sogno a occhi aperti. All’inizio pensavo a poche pagine, a una storia breve: ma Shelley mi spinse a sviluppare l’idea in modo più disteso… se non fosse stato per il suo incoraggiamento non avrebbe mai assunto la forma in cui è stata presentata al mondo.

Una storia che parlasse alle misteriose paure della nostra natura e risvegliasse terrori elettrizzanti – una che rendesse il lettore timoroso di guardarsi intorno, che gelasse il sangue e accelerasse i battiti del cuore.

L’invenzione, bisogna ammetterlo con umiltà, non consiste nel creare dal nulla, ma nel creare dal caos, la capacità di cogliere la potenzialità di un soggetto e modellare e rivestire le idee che esso suggerisce.

Quel tempo è passato e passerà anche questo e magari mi capiterà di piangere leggendo queste parole e fare ancora della morale sul tempo che vola via.

Com’è capace una mente possente di rendere sacri momenti e ricordi del passato. Quella di Shelley è una mente possente. Una mente che mi riempie di melanconia mista, tuttavia, al piacere, come sempre accade quando si manifesta dell’energia intellettuale…anche questo momento sarà presto un ricordo – ma verrà anche un momento in cui ciò che ora è atteso sarà solo nella memoria.” Mary Shelley

– Libera la mente dai pensieri e dalle parole delle altre persone Mary, trova la tua voce –

FRAMMENTO DI UNA STORIA DI FANTASMI P.B.SHELLEY

ESTATE 1816

Delle ceneri di lui una palata prese

dal più oscuro recesso del focolare

mormorando nel mentre parole misteriose.

Helen ed Henry sapevano che la nonna

aveva paura dei fantasmi come tutti

e così la seguirono vicini

ma Helen si aggrappava al braccio del fratello

e i suoi spasmi la facevano agitare.

Citazioni dal libro”Frankenstein o il moderno prometeo”

Con la vostra gentilezza voi mi sollevate dalla polvere.

<<Fu in una cupa notte di novembre che potei mirare la realizzazione delle mie fatiche. >> Victor

<<Ricorda, io sono la tua creatura, dovrei essere il tuo Adamo, ma sono piuttosto l’angelo caduto che tu tieni lontano dalla gioia senza alcun misfatto; ovunque io vedo felicità, dalla quale io solo sono irrimediabilmente escluso, io ero caritatevole e buono, la sventura mi ha reso un mostro, fammi felice e io sarò di nuovo virtuoso…>> la creatura

<< Erigerò la mia pira funeraria e mi consumerò fino alla cenere.. perché i miei resti non ispirino qualche sventurato curioso ed empio a creare un altro come me. Morirò. Non sentirò più l’angoscia che ora mi consuma, né sarò preda di sentimenti insoddisfatti e insopprimibili. È morto colui che mi ha creato, e quando morirò io, il ricordo di me sarà perduto per sempre. Mai più vedrò il sole o le stelle o sentirò il vento giocarmi sulle gote…luce, sentimento, sensi, periranno. E in questo troverò la mia felicità.

Quando sentii la calura rallegrante dell’estate e udii il mormorio delle foglie e il cinguettio degli uccelli e questo era tutto per me, avrei pianto all’idea di morire, mentre adesso è la mia sola consolazione. >> la creatura

<< Presto>> gridò << io morirò e ciò che ora sento non sarà più sentito, presto, questi brucianti tormenti saranno estinti, salirò sulla mia pira funebre trionfante ed esulterò nell’agonia delle fiamme che mi tortureranno, il mio spirito dormirà in pace o seppure penserà, non penserà in questo modo…

<< venne trascinato lontano dalle onde, e presto lo persi di vista nelle tenebre, in lontananza. >> il narratore Walton

Non c’è preghiera che possa farti guardare con benevolenza la tua creatura, che implora la tua bontà e la tua compassione? Credimi, Frankenstein, io ero animato da bontà: la mia anima riluceva di amore e di umanità, ma sono solo, disgraziatamente solo..

Davvero l’uomo era allo stesso tempo tanto potente, virtuoso e magnifico, e tuttavia anche tanto vile e malvagio? In un momento pareva solo un figlio delle forze del male e altre volte tutto quel che di nobile e di divino si può concepire.

Più li guardavo e più cresceva il mio desiderio di chiedere da loro protezione e benevolenza. Il mio cuore bramava di essere conosciuto e amato da quelle creature amabili, di vedere i loro dolci sguardi diretti con gentilezza su di me.

La bellezza del sole, la delicatezza dei venti, sentii che emozioni dolci e piacevoli, che da tempo mi parevano defunte, si rianimavano in me.

Con la vostra gentilezza voi mi sollevate dalla polvere.

Le fatiche che pativo non potevano più essere alleviate dal sole lucente o dalle brezze gentili della primavera… ogni gioia era per me solo derisione, e mi faceva avvertire più dolorosamente che non ero fatto per goderne.

La mia sofferenza era anche acuita dal sentimento oppressivo dell’ingiustizia e dell’ingratitudine.

La sua storia e le passioni che esprimeva lo mostravano per una creatura di raffinata sensibilità, e io, il suo creatore, non gli dovevo quella parte di felicità che avevo il potere di donargli?

Ogni piacere della terra e del cielo mi passava davanti, come un sogno, e solo quel pensiero aveva per me la realtà di cosa viva.

Sono spesso eventi minimi e insignificanti a causare quegli eventi che influenzano, nei fatti, il destino che ci attende.

Mi sento come se camminassi sull’orlo di un precipizio verso il quale si ammassano a migliaia, e cercano di sprofondarmi nell’abisso.

In quei momenti mi rifugiavo nella più completa solitudine: passavo interi giorni sul lago, da solo, su una piccola barca, a guardare le nuvole e l’incresparsi delle onde, immobile e silenzioso.

Ma il ricordo di quei giorni era troppo doloroso: dovevo chiudere fuori ogni pensiero per godere della tranquillità, e solo questo basta ad avvelenare ogni piacere.

La sua mente si espandeva in compagnia di uomini di talento, e trovava in se stesso più profondità e sentimento di quanto immaginasse di avere quando si accompagnava a gente a lui inferiore.

Mi sentivo come se avessi commesso un grave crimine, la cui coscienza mi perseguitava.

La sofferenza è capace di smussare anche i sentimenti più basilari degli uomini.

I bei laghi riflettevano un cielo azzurro e gentile che quando è turbato dai venti, non è che il gioco di un bambino vivace al confronto dei ruggiti del gigantesco oceano.

Ma ero sopraffatto dal sentimento dell’impotenza che spesso si avverte negli incubi, quando si cerca invano di scampare un pericolo incombente, ed ero incatenato sul posto.

I miei sentimenti si erano acquietati, se può chiamarsi quiete quando la violenza della rabbia sprofonda negli abissi della disperazione.

Camminai per l’isola come un spettro senza pace, separato da tutto ciò che ama e disperato da questa separazione.

Quasi consumato com’ero dalla fatica e dalla sofferenza, questa improvvisa certezza di vita mi diede una scarica di gioia bruciante nel cuore e le lacrime mi sgorgarono dagli occhi. Come sono mutevoli i nostri sentimenti, e com’è strano quell’amore che si aggrappa alla vita anche negli eccessi di sventura.

Di che materia ero fatto io per resistere a così tanti colpi, che come una ruota che gira, rinnovellavano continuamente la tortura.

A volte pareva un sogno, a volte dubitavo che fosse tutto vero…e tuttavia si presentava alla mia mente con la potenza della realtà. L’oscurità mi stringeva, nessuna mano cara mi sosteneva, chi poteva avere a cuore il fato di un assassino? Non c’è alcun conforto su tutta la terra che io possa ricevere, una melanconia nera e tetra che niente poteva dissipare. Oh, presto la morte farà cessare quei palpiti, quel potentissimo peso dell’angoscia che mi trascina a terra, e nel compiere questa giusta sentenza anch’io scivolerò nella pace.

La sua tenerezza e le sue attenzioni erano incessanti, ma lui non disperava.

E la tua felicità che desidero, tanto quanto la mia.

Io che per te ho un affetto così disinteressato, accrescerei la tua infelicità dieci volte tanto facendo da ostacolo ai tuoi desideri.

Il dolore acuto del rimorso avvelena il piacere che altrimenti si prova nell’indulgere negli eccessi del lutto.

Niente è più doloroso per la mente umana di un mutamento grande e improvviso… il sole poteva splendere e le nubi potevano calare, ma niente poteva più apparirmi come mi era apparso il giorno prima.

Amava con tutto il calore di chi, al declinare della vita e circondato da pochi affetti, si aggrappa a quelli che gli rimangono.

Ogni cosa era in silenzio, a parte le foglie degli alberi mosse dolcemente dalla brezza, commovente e solenne, gli spiriti dei defunti parevano volteggiare tutt’intorno e proiettare un alone delicato intorno al capo di colui che li piangeva.

Beva a fondo la sofferenza, che senta la disperazione che ora mi tormenta.

Portavo in giro con me il mio inferno senza fine. Eppure uno spirito benefico seguiva e dirigeva i miei passi, e quando più gemevo, d’un tratto mi sbrogliava dalle difficoltà che mi parevano insormontabili.

Oh, beato sonno! Spesso, quando ero al massimo della tristezza, affondavo nel sonno e i sogni mi cullavano fino all’estasi.. Lo spirito che mi sorvegliava aveva certamente provveduto a questi momenti, o meglio ore, di felicità perché potessi conservare le forze per compiere il mio pellegrinaggio: senza di essi sarei certo sprofondato sotto il peso della disperazione e delle difficoltà, ma durante il giorno ero retto e ispirato dalla speranza della notte e del sonno –

Quanto m’aggrappavo a quelle immagini che infestavano i miei giorni e i sogni della notte, persuadendomi che vivessero ancora.

Sentivo come di essere destinato a qualche grande impresa. Ho sentimenti profondi, ma avevo una freddezza di giudizio che mi rendeva adatto a grandi imprese. Questa coscienza del valore della mia natura mi ha sostenuto laddove altri sarebbero sprofondati, perché giudicavo criminale gettare via in inutile dolore quei talenti che potevano essere utili ai miei simili.

La mia immaginazione era vivida, e però i miei sforzi nelle applicazioni pratiche erano intensi – unendo queste qualità ho concepito l’idea ed effettuato la creazione.

Desideravo un amico, qualcuno che fosse in consonanza con me e mi volesse bene. E vedi, su questi mari deserti ne ho trovato uno – ma temo di essermelo guadagnato solo per conoscerne il valore e poi perderlo.

I compagni della nostra infanzia possiedono sempre, sulla nostra mente, un certo potere che gli amici che incontriamo più tardi difficilmente possono acquistare.

Essi conoscono i nostri sentimenti infantili, che per quanto possano modificarsi, in seguito, non vengono mai sradicati, e sanno giudicare le nostre azioni con maggior sicurezza.

Non dicevate che questa era una spedizione carica di gloria? E perché lo era? Non perché la strada era agevole e calma come un lago estivo, ma perché era piena di pericoli e terrori… perché a ogni nuovo ostacolo vi sarebbe stata richiesta fermezza e avreste mostrato coraggio, perché la morte e il pericolo vi circondavano ed essi dovevate sfidare e vincere. Per questo era carica di gloria, per questo era un’impresa onorevole.

Nei resoconti dettagliati che ti ha fatto non poteva includere le ore, i mesi di infelicità, che ho sopportato, bruciando di rabbia imponente. Perché quando distruggevo le sue speranze non è che soddisfacessi i miei desideri, questi erano ancora disperati e ardenti come prima. Ancora desideravo amore e compagnia, e ancora venivo ripudiato… e non era ingiustizia questa?

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